Protrusioni ed ernie cervicali
Le problematiche discali cervicali rappresentano una causa significativa di dolore al collo, con due manifestazioni principali che si distinguono per gravità e presentazione clinica: la protrusione e l'ernia discale. Entrambe le condizioni coinvolgono alterazioni strutturali dei dischi intervertebrali, elementi fondamentali che fungono da ammortizzatori tra le vertebre cervicali e permettono la flessibilità del collo mantenendo al contempo la stabilità della colonna.
Cause
La differenza fondamentale tra protrusione ed ernia risiede nell'entità del danneggiamento del disco. Nella protrusione discale, il nucleo polposo (la parte gelatinosa interna del disco) esercita una pressione contro le fibre esterne dell'anello fibroso, causandone una deformazione e un rigonfiamento, ma senza rottura completa del tessuto esterno. L'anello fibroso, seppur indebolito e stirato, mantiene la sua integrità strutturale e il materiale discale resta contenuto all'interno dei suoi confini anatomici, creando solo una sporgenza verso il canale vertebrale. L'ernia discale rappresenta invece una condizione più avanzata, in cui l'anello fibroso si lacera completamente, permettendo al nucleo polposo di fuoriuscire dalla sua sede naturale. Il materiale discale estruso può così entrare in contatto diretto con le radici nervose o il midollo spinale, provocando una compressione meccanica e un'irritazione chimica più intense rispetto alla semplice protrusione. Entrambe le condizioni possono svilupparsi a seguito di degenerazione discale legata all'invecchiamento, traumi acuti, movimenti ripetitivi, predisposizione genetica o sollevamento improprio di pesi. Spesso l'ernia rappresenta l'evoluzione di una protrusione non trattata adeguatamente o sottoposta a ulteriori stress meccanici.
Sintomi
I sintomi differiscono in intensità e presentazione clinica tra le due condizioni. La protrusione discale può rimanere asintomatica negli stadi iniziali o manifestarsi con dolore locale al collo, rigidità e limitazione funzionale di grado moderato, occasionalmente con irradiazione del dolore alle spalle. L'ernia discale, invece, provoca generalmente una sintomatologia più marcata e distintiva: oltre al dolore cervicale intenso, compare tipicamente una radicolopatia, ovvero dolore che si irradia lungo il percorso specifico del nervo compresso, seguendo un dermatomero ben definito. Questo dolore, spesso descritto come "bruciante" o "elettrico", può estendersi dalla spalla fino alla mano, accompagnato da parestesie, intorpidimento e in alcuni casi debolezza muscolare. La localizzazione dei sintomi neurologici dipende dal livello vertebrale coinvolto: un'ernia a livello C5-C6 può causare deficit a carico del bicipite e dell'avambraccio, mentre un'ernia C6-C7 colpisce tipicamente la funzionalità del tricipite e delle dita. Nei casi più severi di ernia massiva con compressione midollare, possono comparire sintomi di mielopatia come disturbi della deambulazione, instabilità, alterazioni della funzione vescicale e intestinale.
Trattamento
L'approccio terapeutico varia in base alla diagnosi specifica e alla gravità dei sintomi. Per le protrusioni discali, il trattamento è prevalentemente conservativo e include una fisioterapia mirata con esercizi di stabilizzazione cervicale, tecniche di trazione cervicale delicata per decomprimere le strutture nervose, massoterapia ed esercizi di rinforzo muscolare. L'obiettivo è quello di ridurre la sintomatologia dolorosa e favorire il riassorbimento delle protrusioni. Per le ernie discali, l'approccio iniziale rimane conservativo per 6-8 settimane con l'aggiunta di corticosteroidi orali o infiltrazioni epidurali nei casi di dolore intenso. La fisioterapia per l'ernia è più cauta nelle fasi iniziali e progressivamente più attiva con il miglioramento dei sintomi. In entrambi i casi, l'educazione del paziente riguardo alla meccanica della colonna vertebrale e all'ergonomia è fondamentale per prevenire le recidive. L'intervento chirurgico viene considerato solo per le ernie discali che causano deficit neurologici progressivi, sintomi persistenti nonostante la terapia conservativa adeguata, o dolore intrattabile. Le opzioni chirurgiche includono la discectomia anteriore con fusione vertebrale, sostituzione del disco con protesi artificiale, o approcci microchirurgici posteriori meno invasivi. Il recupero post-chirurgico richiede un programma riabilitativo strutturato di 3-6 mesi per ottimizzare i risultati funzionali e prevenire problematiche ai livelli vertebrali adiacenti.
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